Sybell

VORTICI I CAPELLI, VORTICI I PENSIERI

Sono le 22.54. Giornata lunga. L’inquietudine soffia via la stanchezza come briciole di confetto. Ho appena finito di vedere il film “Le relazioni pericolose”, con Glenn Close e John Malkovich. Mi viene in mente una poesia che scrissi l’anno scorso e che pubblicai poi su “Il marinaio o altrimenti detto gioco al massacro” (p. 39), dal titolo “Relazioni”:

“I piccoli bambini-petardo
che nutri con polvere e nuvole
a volte si ribellano
a volte fingono
ma quando esplodono
ti lacerano e combustono.

Lacerano. Combustono. Sì.
Finché noi identifichiamo la nostra felicità con l’amore patinato, romanzato, da monogami serali, come un qualcosa che possa dare un senso alle nostre esistenze… Nel momento in cui l’illusione crolla, ci ritroviamo così:

Se l’acqua si scosta
non è perché mormora – agitata –
sono i miei piedi
su due assi sull’acqua
che non sanno.

Io non so più
a chi dare il potere
di fare del mio cuore una Shoah.
(da “Il marinaio o altrimenti detto gioco al massacro”, p. 37)

Una sirena. Ci sono ancora macchine che corrono sotto casa. Possibile che persista il rumore, alle 22.58? Mi sento inquieta. Non è una novità. E’ sempre stato così, fin da bambina. Un po’ più gioiosa di un tempo, sicuramente, ma credo che quest’inquietudine non mi abbandonerà mai. Rincorro i maestri zen, leggo libri, provo a far di me qualcosa di diverso ogni giorno, con la pratica meditativa. Ma quell’inquietudine rimane. La trasformo, la uso per creare anziché distruggere. Ed è un bene. E’ il mio motore a scoppio, è la mia intensità.

Per me l’amore è la stessa cosa. Non mi pento di nulla di quello che ho vissuto. L’ho cercato dapprima con fame, perché pensavo di non averne mai abbastanza. Poi la fame è diventata appetito, raffinato, ormai quasi incontentabile. Voglia e non bisogno. Eppure, anche quand’era bisogno, è stato un motore. Nonostante tutte le botte sui denti e le disillusioni, credo ne valga sempre la pena. Perciò… Viviamo ciò che arriva! Forse non è l’amore di cui ci parlano in tv e nei romanzi. Anzi, credo che quello centri poco o nulla. Non credo più che l’amore sia un valore assoluto, ma la serie infinita dei numeri primi.

23:03
La sirena continua ad urlare, folle, di demoni agghindata. Sembra lo specchio di tutte le emozioni che ho dentro e che metterò in quest’ampolla notturna. Per me le canzoni, le poesie, gli scritti… Sono delle ampolle di vetro. Ci riverso parte della mia vita, le poggio su un mobile, le osservo, assieme al resto del mondo, curiosa. Continuerò a riempirne, a centinaia, a migliaia. Il mio flusso si arresterà solo dopo che sarò morta. Ci sono le mie domande, le mie risposte, le mie sensazioni, le mie emozioni, i miei segreti. Ed al tempo stesso, non sono più me. Ridacchio. Bizzarri figli di vetro.

23:11
Ho corretto quanto scritto finora. Un flusso libero, ne ho scritti tanti, ma è il primo che pubblico qui. Le relazioni pericolose sono tali se le alimentiamo con la menzogna, mentendo a noi stessi prima che agli altri. Probabilmente hanno un termine. Probabilmente l’essere umano non è un animale monogamo. Probabilmente gli orientamenti sessuali sono più complessi di quello che ci fanno credere. Probabilmente siamo infelici in due, in tre, in quanti volete, perché siamo infelici con noi stessi. E se troveremo un barlume di serenità, sarà una responsabilità unicamente nostra. Menomale, aggiungo.

23:18
La prima relazione pericolosa da curare, prima che laceri e combusti, è quella con noi stessi. E per citare il titolo di un libro di Wayne Dyer che mi ha cambiato la vita una decina d’anni fa: “Prendi la vita nelle tue mani”. Non farmi incazzare, non raccontarmi storie, scuse, non scaricare la responsabilità sugli altri. Non cercare più di controllare o di essere controllata. Li conosco i tuoi occhi, molto bene. Passo le mani tra quei capelli strani. Ti guardo allo specchio, lo vedo che sei me. Ti dico che ti amo e che non ti abbandonerò mai più. Mi abbraccio. Sono mia. Mi restituisco a me stessa.

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