Alle medie, i compagni di classe chiedevano alle mie uniche due amiche se parlavo. Se parlavo… Ero estremamente timida e taciturna, sì. Anche se poi negli anni sono cambiata, permane in me l’amore per il silenzio. Può essere necessario, intenso ed espressivo, a volte molto più delle parole. Nell’epoca delle urla televisive e dei post incessanti sui social, credo che ci siano molte cose da imparare, stando in silenzio. Si ascolta e si osserva con attenzione. Non parlo solo di osservazione dei dettagli esteriori (nel mio caso, raramente questi catturano il mio interesse). Personalmente, per indole, vado a caccia di emozioni, toni di voce, interazioni, espressioni. E quando prendo un treno e mi muovo per andare o tornare, imparo molto sulle persone e sulla vita. Stress, umori, meccanismi, gentilezze, scortesie… In una parola: vita. Imparo a non dare nulla per scontato.
Questa poesia la scrissi l’anno scorso, prima di un viaggio in treno. Muoversi implica un incontro-scontro tra diversità, l’altro. L’altro proiettato. Il luogo stazione è dominato dall’elemento tempo, con la nostra suddivisione arbitraria, che rischia di imbrigliare le nostre giornate nella claustrofobia. Impegni, orari, incastri. Eppure, la verità è questa: il tempo non lo dominiamo e noi… Noi siamo sempre di passaggio.
STAZIONE
Odori e storie s’incrociano
li vedo comporsi e disfarsi
in un puzzle fatto d’atomi.
E’ paradosso
che sia legale
l’ora che picchia tutti,
l’ora che in realtà
non esiste.
Sento
il battito di cuori e scarpe
le voci policrome
le spine attaccate a pesci e a muri.
Osservo
sentendomi
a volte dentro
a volte fuori
tutto.
Il treno è la vita:
sempre di passaggio.
Un passaggio infinito quando si attende, un passaggio troppo breve quando si ama, un passaggio eterno quando si soffre. Qual’è l’unità giusta del tempo? La mia mente o l’orologio? Il metronomo così odiato o la percezione della musica della vita che scorre? Il momento presente è già passato appena ci pensiamo, com’è possibile prendere questo treno?
Come sempre le tue domande sono profonde Enrico. Trovo che sia importante porle e condividerle, perciò: grazie.