Sybell

SPIRITI E POETI

Foto di Deborah Brugnera.

Oggi mi racconto, come non facevo da un bel po’ di tempo in questo blog. Ho condiviso qualche “colore” tramite le poesie, ogni tanto, ma è ovviamente molto diverso usare di nuovo la forma del diario, come sto per fare. 

Ad agosto, con l’uscita de “L’Anima e il Canto”, si è chiusa per me una fase importante. La lego all’ultimo EP e a un periodo di vita che va grossomodo dalla fine del 2016 all’inizio del 2019, in cui ho vissuto cose che mi hanno ribaltata da capo a piedi e rimessa al mondo in una forma completamente nuova. Questo è qualcosa che, prima o dopo, capita a tutti gli esseri umani nella vita e, se non capita, in fondo tutti lo desiderano. A seconda di come reagiscono, plasmano i loro anni futuri. A seconda di come si trasformano, di cosa diventano, delle scelte che fanno… Quelli sono stati degli anni fondamentali, unici, pieni. Ho vissuto emozioni molto forti e “Il Canto della Dea” ne porta con sé molti aspetti. Oltretutto, musicalmente è qualcosa di completamente diverso rispetto a quanto fatto nei miei primi due EP.

Nel 2020 è arrivata la pandemia, l’impasse attraverso cui siamo passati tutti. Un anno in cui ho scoperto delle risorse nuove, in cui ho cambiato alcuni aspetti della mia vita pratica e lavorativa. Posso dire di aver affrontato i diversi momenti, specialmente quelli di maggiore scoraggiamento, con una solidità interiore nuova, che mi sono resa conto di avere proprio in quei momenti tosti. Per questo devo ringraziare gli insegnamenti del triennio precedente, oltre ovviamente le persone che chiamo “famiglia”. In tutto questo, mi sono ritrovata, comunque e fortunatamente, ad avere delle occasioni per poter cantare dal vivo le mie nuove canzoni. “Portare fuori” dal grembo l’EP appena nato e condividerlo col mondo. Mi sento fortunata, perché anche questo era un passaggio importante da fare. La ritualizzazione concreta, pratica di ciò di cui parlo nel disco: a ogni fase ne segue un altra, dal grembo, alla nascita, alla maturazione, all’espansione. Infine, ovviamente, c’è anche la decrescita… E la morte. Questa fase è arrivata e sento, proprio in questi giorni di Samhain, che il compito dell’EP si è concluso.

Comincia quindi una fase nuova… A quanto pare ottobre-novembre, il periodo dell’anno che sento di più in assoluto, è per me anche il più fertile musicalmente. Ho ripreso a comporre da qualche settimana, partendo da piccole idee, riff, testi. Tra il 30 e il 31 ottobre (quindi di fatto proprio in questi ultimi giorni) è nata la demo di una prima canzone intera. Lascio qui solo un pezzo di testo e alcune impressioni:

“T’immagino.
Sogno, poesia, incubo
T’immagino
qui fuori
che ridi e giochi con me.”

Il poeta immagina e vive in un mondo popolato da spiriti (vi lascio qui sotto, a tal proposito, l’estratto di un libro che sto rileggendo in questi giorni, “La nascita della tragedia” di F. Nietzsche). Questa canzone è totalmente immersa nell’atmosfera di Samhain, complice anche l’utilizzo della chitarra acustica baritona, che probabilmente darà vita a un lavoro con sonorità più scure, e forse a un ritorno alla pesantezza di certi sound che ho sempre amato. Ancora non lo so. Ad ogni modo, è una canzone che parla del lasciare andare. Dialogo con un fantasma, in una sorta di Ade che proietta immagini, illusioni e ricordi, che si mescolano, confondendosi. Come quasi sempre, quando scrivo, una canzone è un crogiolo di tanti fatti, esperienze, emozioni, persone. Rimandi al mondo interiore, mio e forse di ciascuno di voi.

“[…] il poeta è poeta solo in quanto si veda attorniato da figure che vivono e agiscono davanti a lui, e di cui egli scruta l’intima essenza. A causa di una particolare debolezza del talento moderno, noi siamo inclini a rappresentarci il fenomeno estetico originario in maniera troppo complicata e astratta. Per il vero poeta la metafora non è una figura retorica, bensì un’immagine sostitutiva che gli si presenta concretamente, in luogo di un concetto. Per lui il carattere non è affatto un tutto composto da singoli tratti cercati qua e là e messi insieme, bensì una persona insistentemente viva davanti ai suoi occhi, che si distingue dall’uguale visione del pittore soltanto per il suo continuare a vivere e ad agire. […] che soltanto si abbia la capacità di vedere di continuo un giuoco vivo e di vivere costantemente attorniati da schiere di spiriti, e si è poeti; che soltanto si senta l’impulso a trasformare se stessi e a parlare immedesimati in altri corpi e in altre anime, e si è drammaturghi.” – estratto da “La Nascita della Tragedia” di F. Nietzsche.

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